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Il caso Bruneri-Canella rappresenta uno dei misteri più affascinanti e complessi della storia giudiziaria italiana, offrendo uno spaccato unico sull’importanza e sull’affidabilità della testimonianza oculare in contesti legali.

Collegno 1926 – Al centro di questo enigma giuridico troviamo un uomo arrestato dopo essere stato colto flagranza di reato, in particolare durante il furto di un oggetto. Una volta giunto in questura, però, si rifiutò di fornire le sue generalità dichiarando di non ricordare assolutamente nulla né su di sé, né sul suo passato. Dopo un’attenta visita medica il misterioso uomo senza identità venne trasferito al manicomio di Collegno, poiché fu considerato pazzo!

Qualcuno di voi ricorderà questo caso come quello dello “smemorato di Collegno, ma dietro questo dilemma legato all’identità di un soggetto, in realtà, c’è molto di più. Infatti, questo mistero alimentò i dibattiti, sfidando le conoscenze scientifiche dell’epoca. Cesare Musatti e Francesco Carnelutti furono coinvolti in questo caso:

“Musatti aveva tentato di riprodurre nel contesto controllato del laboratorio una situazione di testimonianza molto vicina a quelle che possono accadere nella vita di tutti i giorni. All’inizio dell’esperimento aveva presentato ai soggetti un filmato della durata di 40 secondi, contenente una serie di eventi in successione. Al termine, aveva chiesto ai presenti di scrivere tutto ciò che avevano visto durante la proiezione, senza tralasciare alcun particolare.”

Dott.ssa Manila Vannucci – “Quando la memoria ci inganna”

Ebbene, nonostante il ricordo fosse “fresco” molti dei presenti diedero versioni contrastanti, modificando in tutto o in parte ciò che avevano appena visto.

Ma cosa c’entra tutto questo con il caso in questione?

La storia dell’uomo senza identità e senza passato destò la curiosità di tantissime persone, fino a quando cominciarono ad arrivare le prime segnalazioni: qualcuno lo identificò come Giulio Canella, un professore universitario scomparso misteriosamente tre anni prima, mentre altri erano convinti che fosse Mario Bruneri, un tipografo noto per il suo passato criminale. Pensate che persino la moglie e le sorelle di Bruneri dichiararono di averlo riconosciuto!

Questa discrepanza nelle identificazioni, però, sollevò un vortice di domande sulla veridicità e sulla precisione delle testimonianze oculari. Il processo che seguì fu uno dei più lunghi e intricati del suo tempo, contraddistinto da un incessante susseguirsi di testimonianze spesso contraddittorie. Da una parte, la famiglia Canella presentò numerosi testimoni che confermarono l’identità dell’uomo misterioso come quella del professore scomparso, facendo leva su somiglianze fisiche, abitudini personali e dettagli intimi. Dall’altra, invece, gli amici e i conoscenti di Mario Bruneri che fornirono testimonianze altrettanto convincenti sulla sua identità, evidenziando caratteristiche distintive e aneddoti specifici.

La contesa andò avanti per anni, fino alla sentenza della Corte d’Appello di Firenze che, nel 1931, dette ragione alla famiglia Bruneri.

Questo caso mise in luce la problematica circa l’affidabilità della testimonianza oculare, evidenziando come la memoria umana possa essere influenzata da una moltitudine di fattori, tra cui lo stress emotivo, le aspettative e le suggestioni esterne. La psicologia e la scienza giuridica hanno dimostrato che i ricordi possono essere modificati o persino creati, sollevando dubbi significativi sulla loro affidabilità come prova inequivocabile.

Inoltre, il caso Bruneri-Canella evidenziò la necessità di metodi di verifica più scientifici e affidabili, come le analisi forensi avanzate e i test del DNA, che purtroppo non erano disponibili all’epoca dei fatti. L’assenza di strumenti oggettivi per la verifica dell’identità rese il processo fortemente dipendente dalle testimonianze personali, sottolineando i limiti delle tecniche investigative di quei tempi.

La vicenda, con tutti i suoi intricati dettagli e le sue implicazioni psicologiche e giudiziarie, rimane ancora adesso un caso studio fondamentale e un mistero tra i più coinvolgenti. Essa invita a riflettere sulla natura elusiva della verità e sulla complessità della memoria umana, evidenziando come, in assenza di prove scientifiche incontrovertibili, la ricerca della verità possa essere un percorso tortuoso e pieno di incertezze.

Il mistero dello smemorato di Collegno non solo ha appassionato l’opinione pubblica, ma ha anche stimolato importanti progressi nel campo della psicologia forense e delle metodologie investigative, contribuendo a modellare l’approccio moderno alla risoluzione dei misteri di identità.

Silvia Morreale

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