“Chi lotta con i mostri deve guardarsi
di non diventare, così facendo, un mostro.
E se tu scruterai a lungo in un abisso,
anche l’abisso scruterà dentro di te.”
F.Nietzsche
Negli ultimi 10 anni, il true crime ha assunto un’importanza notevole raccogliendo enormi consensi da parte del pubblico. Serie, podcast, canali YouTube e programmi tv, trasmettono ogni giorno puntate interamente dedicate ai casi di cronaca nera. Insomma, quello che una volta veniva guardato con sdegno e terrore, oggi ci incuriosisce. La moda del true crime, infatti, ha alimentato la nostra sete di conoscenza, e la voglia di varcare il nastro giallo “Crime scene do not cross” è sempre più irresistibile.
Tuttavia, c’è un piccolo dettaglio noto agli studiosi e agli esperti del settore, che fa la differenza: solo quando ci si ritrova faccia a faccia con un vero e proprio caso di omicidio ci si rende davvero conto di quanto sia poco intrigante e affascinante tutto ciò.
La realtà, infatti, supera di gran lunga la scena di crudeltà e il disgusto che si può provare osservando un cadavere o del sangue proiettato al di là di uno schermo. Il racconto, in effetti, risulta essere molto più soft e misterioso rispetto a quello che rappresenta la realtà dei fatti: assistere a un omicidio, rinvenire resti umani o accedere alla scena del crimine, non è di certo così semplice e curioso come ci viene descritto in vari video sui social network. Eppure, quello che sembra essere puramente un passatempo o una semplice passione, secondo gli studiosi incide molto sul comportamento umano.
Come sempre amo ricordare: non basta un solo effetto a scatenare il mostro che è in noi, ma un vero e proprio insieme di fattori e di eccessi. Guardare thriller o video true crime su YouTube, di per sé, non ha alcun effetto sulla mente di un individuo, ma l’abuso purtroppo sì.
Se pensiamo solo a 15 o 20 anni fa, non esistevano social o piattaforme in grado di divulgare video o immagini che ritraessero violenze o omicidi efferati. Addirittura al cinema era vietato l’ingresso e la proiezione di film con scene crude e violente ad un pubblico inferiore ai 16 anni. Tutto questo, poiché, già ai tempi, gli psicologi avevano riscontrato alcuni effetti collaterali, come ad esempio l’aumento di ansia e di stress nei minori.
La moda del momento, soprattutto sui social, è quella di utilizzare una comunicazione fuorviante, in quando molti utenti affermano (quasi vantandosi) di ascoltare storie di true crime solo per rilassarsi. Il problema, infatti, non è tanto quello di guardare il video true crime o i film violenti, ma quello di comprendere come il nostro cervello percepisce e rielabora tutte quelle immagini. Occorre tenere a mente che questo rischio è molto più evidente nei minori rispetto agli adulti, questo perché solo da una certa età in poi si acquisiscono le caratteristiche necessarie per mantenere un distacco emotivo da quel tipo di scene. Un bambino o un adolescente che abusa giornalmente di video e foto che ritraggono soggetti in attività violente, subirà delle conseguenze a livello cerebrale.
Per comprendere questo effetto vi basterà ripensare alle storie che hanno contraddistinto numerosi serial killer o criminali internazionali. Andando a scovare nel loro passato, infatti, vi balzerà alla mente un elemento comune che lega la maggior parte di quei racconti, ossia la violenza. Ognuno di quei soggetti, infatti, aveva subito abusi fisici o psicologici in tenera età, addirittura molti (come ad esempio Luis Alfredo Garavito, un serial killer colombiano) hanno dovuto soccombere a quel tipo di brutalità ogni singolo giorno della loro infanzia.
Dunque, è giusto dire che il true crime fa male?
Assolutamente no! Tuttavia, credo sia giusto educare i giovani ad un uso consapevole e soprattutto non ossessivo compulsivo. Occorre tenere sempre bene a mente la differenza tra true crime, dunque caso di cronaca nera realmente accaduto, e racconti alla “Agatha Christie” che riportano semplicemente un gioco di fantasia e mistero. Leggere un giallo o un thriller, così come guardare un film dello stesso genere, infatti, ha un effetto differente: lo spettatore si ritroverà catapultato in un mondo diverso e, anche se proverà le stesse sensazioni di paura o ansia, il cervello recepirà e rielaborerà in maniera differente le informazioni che sa essere frutto di qualcosa di inventato, dell’immaginazione appunto. Tuttavia, nel true crime, ci troviamo davanti a qualcosa di autentico, un fatto che è davvero accaduto nella realtà. Di conseguenza dovremmo provare orrore, ribrezzo e non curiosità!
Questo è ciò che dobbiamo tenere bene a mente, altrimenti ci ritroveremo presto a sorseggiare del caffè fumante di fianco a un cadavere, come se fosse una cosa normale!
Per questo motivo ritengo estremamente pericoloso considerare il true crime come un modo “rilassante” per trascorrere il tempo libero. Ogni volta che mi imbatto in affermazioni di questo tipo immagino le persone assuefatte dal suono di una lama che trapassa brutalmente il corpo di una vittima, come se questa sinfonia di lamenti possa in qualche modo inibire i nostri sensi, alimentando la curiosità verso un qualcosa di tanto atroce quanto curioso.
Pensate che persino il the “HuffPost” ha trattato l’argomento! In una lunga e interessante intervista fatta a AJ Marsden, assistente professore di servizi umani e psicologia al Beacon College di Leesburg, in Florida. Il dottor Marsden, infatti, ha cercato di studiare i motivi per cui il true crime risulta così affascinante.
“Siamo attratti da queste storie in parte perché vogliamo comprendere la motivazione dietro atti di violenza così raccapriccianti, bizzarri e insensati. In parte perché ci offre uno sguardo sulle parti devianti della psiche umana.”
Guardare il vero crimine direttamente dalle mura domestiche, ha detto Marsden, ci dà l’opportunità di esplorare la nostra paura in un ambiente controllato, per “immergerci effettivamente nel lato più oscuro dell’umanità, in totale sicurezza e comodamente dal divano di casa”.
Esiste un prezzo da pagare per la sovraesposizione al true crime?
Oltre all’aumento dell’ansia e degli incubi, fare un uso esagerato di questi contenuti può avere altre conseguenze negative: come l’aumento della paranoia e dello stress.
“Ad esempio, potresti rinunciare all’opportunità di trascorrere del tempo con gli amici o con la famiglia, perché non vuoi rischiare di metterti in una situazione potenzialmente pericolosa, [come] lasciare un parcheggio a notte fonda.”
Il dottor Marsden ha riscontrato inoltre un aumento nella difficoltà di separare la propria vita da quella delle vittime, questo alimenterebbe lo stato di stress e di tensione costante in coloro che si nutrono di pane e crime.
Secondo gli psicologi, il consumo eccessivo e l’ossessione per il true crime possono influire sulla nostra salute mentale dandoci un senso esagerato di quanto sia comune il crimine violento e della probabilità di esserne vittima. La nostra paura può quindi diventare sproporzionata rispetto al nostro rischio. Avere troppa esposizione a queste storie può causare stress, ansia, incubi e paranoia. Infatti, è proprio per questo motivo che i professionisti del settore forense hanno sempre una formazione molto accurata e specialistica sul settore della salute mentale. Per poter svolgere questo lavoro al meglio è necessario mantenere costantemente un distacco emotivo dalla vittima e dai familiari coinvolti nella tragedia.
Naturalmente, non tutti i fan del true crime sperimentano effetti collaterali negativi, inoltre ogni persona ha un livello di tolleranza differente, soprattutto quando si tratta del volume e del tipo di contenuti che può consumare giornalmente.
In conclusione, condivido l’opinione della dottoressa e psicologa Susan Childs, che afferma quanto sia importante prestare particolare attenzione alle proprie reazioni comportamentali:
“Concentrarsi, ad esempio, su un omicidio o sullo stupro di una determinata vittima può davvero causare due scenari differenti: da un lato ti può aiutare ad essere più vigile e consapevole, ma dall’altro si rischia di diventare eccessivamente reattivi, al punto da non uscire più di casa, non socializzare e diventare sempre più paranoici.”
Nonostante le storie vere di crimini abbiano un impatto sulla nostra psiche, se impariamo a educare i minori ad un uso più consapevole di questi contenuti, sicuramente eviteremo di imbatterci in situazioni spiacevoli, come ad esempio: un’eccessiva tolleranza nei confronti della violenza (che potrebbe a sua volta scatenare tutta una serie di effetti devianti), ma soprattutto un aumento di stress e ansia.
Dunque, non è affatto necessario privarsi del nostro podcast preferito o di un canale YouTube sul true crime, l’importante è riuscire a mantenere un certo distacco emotivo con la storia narrata, senza diventare completamente apatici e indifferenti. Insomma, come sempre, l’equilibrio risulta essere l’arma vincente, soprattutto se vogliamo evitare di farci risucchiare negli abissi della mente criminale.
Silvia Morreale
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